
Da
quando il 7 Ottobre è avvenuto il blitz di Hamas, ho ricevuto varie telefonate
di solidarietà da compagni e compagne della nostra associazione e per questo
vorrei rivolgermi a tutti dalle pagine della nostra rivista, per ringraziare di
cuore. In questi giorni sono stato poi interpellato dalla stampa che mi
chiedeva solo se condannavo l'attacco di Hamas. A tale proposito vorrei
ribadire un concetto che ho sempre palesato anche al nostro ultimo congresso:
io condanno in modo categorico ogni forma di violenza, condanno l'uccisione dei
civili, il bombardamento dei civili, la confisca della terra, condanno anche
l'occupazione militare. Da tre settimane, l'esercito israeliano ha tolto,
l'energia elettrica, l'acqua ed il gas alla Striscia di Gaza, privando due
milioni e mezzo di persone dei beni essenziali per la vita, in violazione del
diritto internazionale umanitario . Purtroppo tutto il mondo parla solo del 7
ottobre, dimenticando che il popolo palestinese vive da oltre 75 anni sotto una
occupazione militare unica nel suo genere, nella storia moderna. In questi anni
la comunità Internazionale ha dimenticato la causa palestinese e ha abbandonato
qualsiasi percorso per raggiungere una pace giusta basata sul rispetto dei
diritti umani e del diritto a una patria per tutti i popoli dell'area e
lasciando marcire il sogno di una convivenza pacifica tra palestinesi e
israeliani a cui Arafat e Rabin, nel 1993, avevano dato una possibilità di
realizzazione. I vari appelli dell'Autorità Nazionale Palestinese non hanno
trovato ascolto. Oggi, dopo che il disastro si è scatenato in entrambi i campi,
ascoltiamo solo la voce delle armi, i proclami di vendetta, mentre, da fronte
del Ministero della Sanità palestinese, gli uccisi palestinesi a Gaza sono 8005
di cui 3342 bambini e 2026 donne. E il massacro non si ferma.
Il
mese di ottobre è quello della raccolta delle olive, che per molte famiglie
palestinesi rappresenta l'unica fronte di reddito. Sono in atto in queste ore
attacchi ai contadini palestinesi da parte dei coloni israeliani, che da anni
sono insediati nelle terre dell'Autonomia Palestinese. Gli attacchi impediscono
ai contadini di arrivare ai loro campi, oppure, se trovati intenti nella
raccolta, servono a sequestrare il frutto del lavoro dei contadini, gli aratri,
i mezzi utili alla coltivazione. In molti villaggi vicino a Ramallah, a Nablus,
a Hebron i coloni hanno aggredito ed ucciso dei palestinesi, solo perché sono a
raccogliere le olive. È in atto inoltre
una nuova colonizzazione dei territori palestinesi, con i coloni che si
insediano a pochi metri dalle case palestinesi, con una
"espropriazione" delle terre attraverso la politica dei fatti. Anche
in questi atti, parla l'uso della forza e le minacce.
La
Cisgiordania è bloccata, è quasi impossibile spostarsi da una città all'altra,
tutto è fermo, impossibile andare a scuola, impossibile svolgere le attività
quotidiane, gli uffici pubblici devono restare chiusi, la vita nel suo
complesso è sospesa. Questo non può che
aggravare la situazione dei palestinesi della Cisgiordania, che pagano con la
fame e la disperazione la colpa di essere palestinesi.
Un
amico di Gaza B.S., stamattina, approfittando del fatto che per qualche ora era
tornata la connessione ad internet - anche questa annullata da quando
l'esercito israeliano sta tentando l´invasione della Striscia-, mi scrive:
"qui la gente non ha nulla, quasi nessuno ha una casa, tutto è raso al
suolo, non ci sono più intere città, interi quartieri sono trasformati in un
cumulo di macerie. L'odore della morte è in ogni angolo, chi sta sopravvivendo
è solo un morto che cammina. Chi non muore dei bombardamenti muore di fame e di
sete." Alla mia domanda su cosa possiamo fare noi europei, risponde che è
indispensabile il" cessate il fuoco", per permettere il soccorso ai
civili e ai tantissimi feriti e per permettere di estrarre le salme da sotto le
macerie, dando loro una sepoltura degna.
Come
associazione, possiamo e dobbiamo denunciare questi comportamenti disumani e
fare sentire la nostra voce assieme alla CGIL, alla società civile e a tutte le
forze pacifiste, dobbiamo e possiamo fare pressioni sul nostro governo perché
addotti un comportamento diverso verso lo Stato Israeliano, va dato un segnale
chiaro che non è accettabile privare due milioni e mezzo di esseri umani degli
elementi essenziali per la vita.
Tanti
compagni e compagne mi chiedono come si esce da questa tragedia. Personalmente
auspico una Conferenza internazionale di pace che sancisca senza ambiguità la
nascita e il riconoscimento ufficiale immediato dello Stato Palestinese entro i
confini del 1967, con Gerusalemme Est Capitale con piena e totale sovranità,
così come è stabilito dal diritto internazionale e dagli accordi firmati.
Vorrei
concludere con le parole che mi sono arrivate da un amico palestinese di Gaza,
che fa l'operatore sanitario: noi vogliamo la pace, vogliamo vivere con dignità
come tutti i popoli della terra, vogliamo finalmente vivere la libertà.
Milad Jubran Basir , giornalista Italo Palestinese e presidente di Federconsumatori Forli - Cesena
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