
Il
glifosato, uno degli erbicidi più usati al mondo, potrebbe essere più
pericoloso di quanto si pensi, almeno per i ratti. Secondo un nuovo studio, pubblicato
su Environmental Health, e condotto dall´Istituto Ramazzini di Bologna, insieme
all´Istituto Superiore di Sanità e a ricercatori internazionali, è emerso che questa
sostanza aumenta l´incidenza di diversi tumori nei ratti, anche a dosi ritenute
sicure secondo le normative europee.
I
ratti sono stati esposti al glifosato fin dalla vita prenatale, attraverso
l´alimentazione materna, e per un periodo di due anni. Le dosi somministrate
corrispondevano a quelle attualmente considerate accettabili: 0,5, 5 e 50 mg
per chilo di peso corporeo al giorno. In tutti i gruppi è stato riscontrato un
aumento di tumori, benigni e maligni, in diversi organi, tra cui fegato,
tiroide, reni, ovaie, sistema nervoso e linfatico. È stato osservato anche un
incremento della mortalità precoce per leucemia.
Lo
studio conferma quanto già affermato dall´Agenzia Internazionale per la Ricerca
sul Cancro, che nel 2015 aveva classificato il glifosato come probabile
cancerogeno per l´uomo. Secondo i ricercatori, questi risultati mettono in
discussione la sicurezza delle soglie attualmente in vigore.
L´indagine
fa parte del Global Glyphosate Study, un progetto internazionale che indaga
anche gli effetti del glifosato sul neurosviluppo, sul sistema endocrino e
sulla salute delle generazioni future.
In
un contesto in cui l´uso del glifosato è ancora largamente diffuso in
agricoltura, questi dati rafforzano l´urgenza di investire in alternative meno
rischiose e in una maggiore trasparenza scientifica, per tutelare davvero la
salute pubblica e l´ambiente.
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