TRA DISPARITÀ DI GENERE E NUOVI OBIETTIVI DI UGUAGLIANZA
È passato del tempo da quando le differenze di genere erano assimilabili a differenze intellettive e biologiche. La storia del Novecento e quella recente del nuovo millennio ha portato a traguardi e conquiste sino ad allora inimmaginabili. In altri casi, ha lanciato SOS sui rischi di ritorno al passato come per i continui attacchi alla legge 194 del 1978 sul diritto all’interruzione volontaria della gravidanza (IVG) o alle limitazioni poste in essere dai medici obiettori all’interno delle strutture pubbliche che dovrebbero essere garanti di leggi dello Stato.
Dal mondo del lavoro, alle professioni, ai diritti sociali e civili, le conquiste delle donne hanno avuto un cammino lento e faticoso ma in continua evoluzione: dal suffragio universale, al diritto al divorzio o all’aborto, dal divieto di licenziamento durante la maternità, ai congedi parentali sino alla più recente Legge 162/2021 riguardante disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. Un percorso che si auspica non venga frenato da nuove spinte politiche marcatamente identitarie che esaspererebbero contraddizioni sociali e porterebbero all’indietro il percorso di emancipazione laica delle donne. Ma se sulla carta l’avanzamento dei diritti di genere registra una progressiva evoluzione, permangono molte disuguaglianze a livello globale in termini di ingiustizie, discriminazioni, segregazioni, violenze, negazione dei principali diritti umani e sociali. Ancora oggi nel mondo muoiono migliaia di donne di parto, milioni di donne non hanno accesso a farmaci e cure, altre sono forzate alla infibulazione e alle mutilazioni genitali, altre alla tratta della prostituzione e allo schiavismo del sesso, altre vendute sin da bambine come spose. Altre sono prive di libertà individuali e negate al lavoro e allo studio.
Eppure, nonostante le oppressioni che subiscono da regimi totalitari e teocratici, dall’Iran alla Siria, all’Afghanistan, le donne sono al centro di rivoluzioni coraggiose ed epocali che sfidano ogni potere in nome della loro autodeterminazione e libertà. A tutte le donne che in ogni contesto geografico e sociale sfidano i signori della guerra in nome del diritto alla vita dei loro padri, fratelli, figli e sposi, alle donne che sfidano leggi repressive e autoritarismi, che contrastano ingiustizie, disparità, assoggettamenti fisici e psicologici, a loro va la solidarietà e l’incoraggiamento di Federconsumatori nel contrasto ad ogni discriminazione.
In Italia il percorso di parità ha registrato molti avanzamenti ma ancora troppi i passi da compiere per superare l’accesso al mercato del lavoro, ai servizi e ad una condizione di parità sostanziale. Gravi le disuguaglianze occupazionali e nell’accesso ai servizi per le donne del Mezzogiorno. Stante i recenti dati sul Gender Gap in termini di divario salariale, emerge che nell’area europea le donne nel 2018 hanno guadagnato il 14,8% in meno degli uomini. La maggiore differenza è stata registrata in Estonia, 22,7%, al secondo posto si colloca la Germania (20,9%), chiude il podio la Repubblica Ceca (20,1%). La minore differenza è stata registrata in Romania (3%), seguita da Lussemburgo (4,6%), e Italia (5%) (fonte Istat). I dati OCSE affermano che 4 donne su 10 lavorano part-time.
Lo scenario cambia quando si parla di gender pay gap complessivo ovvero, quando insieme alle differenze salariali a parità di orario si guardano anche i settori lavorativi prettamente femminili, le posizioni occupate dalle donne, il fatto se siano laureate o meno e il numero di lavoratori part-time. In tal caso il tasso di differenza di stipendio tra uomini e donne è di circa il 44% su una media europea pari al 39%. E se le disparità di accesso al mercato del lavoro, le disuguaglianze di reddito e previdenziali sono sostanzialmente diverse fra genere e aree territoriali del Paese, è evidente quanto questa condizione renda uomini e donne in posizione di maggiore fragilità o vantaggio anche nel campo dei consumi e dell’accesso ai servizi determinando ulteriori discriminanti e “dipendenze” nell’ambito della coppia e della famiglia. Per il più recente report del World Economic Forum sul “gender pay gap” la differenza di retribuzione tra uomini e donne si azzererà tra più di 200 anni contro la stima di 180 anni prevista prima della pandemia. Fra le direzioni che si prospettano per invertire il gender pay gap, investendo nel lavoro femminile e nel superamento del gap salariale quale fattore di crescita del PIL, di rilancio dei consumi, dei servizi di cura e di ogni altra componente sociale, vi è quella dell’Equal Pay Day ovvero, una giornata internazionale simbolica dedicata alla sensibilizzazione rispetto al divario salariale di genere. Un appuntamento che si aggiunge ai tanti per affermare in tanti modi che nonostante i passi avanti, c’è ancora molto cammino da compiere per azzerare ingiustizie sociali, discriminazioni, disparità di genere.
8 MARZO E MEDICINA DI GENERE: A CHE PUNTO SIAMO?
La giornata dell’8 marzo aiuta a tracciare bilanci sui traguardi e gli arretramenti nel campo dei diritti di genere. Proviamo a farlo anche nel campo della salute aprendo una finestra sulla Medicina di Genere (MdG) e su una legge, la legge 3 del 2018, ancora poco assimilata nei percorsi di rivendicazione di nuovi obiettivi di salute.
Il percorso di avanzamento e autodeterminazione compiuto negli anni dalle donne ha raggiunto traguardi importanti in molti campi ma il gap di disuguaglianze sociali a cui le donne continuano ad essere esposte è ancora tanto. Anche nel campo della salute le donne subiscono forme di discriminazioni rispetto ad un approccio alla medicina “neutro” o del tutto maschile: l’assenza di una presa in carico dei bisogni di salute a misura di genere, l’inesigibilità del diritto all’Interruzione volontaria della gravidanza (L. 194/1978),
l’accesso a consultori spesso privi delle necessarie figure professionali, l’insufficiente accompagnamento alla maternità, la violenza ostetrica, l’impiego di farmaci e terapie indistinte, la carenza di screening, sono solo alcuni dei condizionamenti sanitari che subiscono le donne.
Ma la medicina è “neutra”? Affatto.
Molti studi (epidemiologici, clinici, sperimentali) evidenziano che uomini e donne hanno sensibilità differenti alle malattie, bisogni di cure e percorsi riabilitativi diversi così come nel preservare la salute. Le donne vivono più a lungo degli uomini ma si ammalano di più, consumano più farmaci, sono più esposte alle reazioni avverse ed a fattori discriminatori economici, sociali, culturali, al lavoro gravoso di riproduzione, a violenze fisiche e psicologiche. Considerati gli anni di vita trascorsi in buona salute, le donne hanno minori vantaggi.
TRA DISPARITÀ DI GENERE E NUOVI OBIETTIVI DI UGUAGLIANZA
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la Medicina di Genere, lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite sesso), socio-economiche-culturali (definite genere) che influenzano la frequenza, i disturbi e la gravità delle malattie che colpiscono le donne e gli uomini e quindi, lo stato di salute e di malattia di ogni persona.
La medicina di genere, nella sua storia recente tiene anche conto degli effetti causati sulla salute dagli stili di vita (fumo, alcol, alimentazione, attività fisica, peso corporeo, contesto socio-culturale, ambientale, livello d’istruzione) poiché anche questi fattori hanno un forte impatto sullo sviluppo e l’evoluzione delle malattie. La medicina di genere, riguardando le malattie che possono colpire entrambi i sessi, rappresenta un livello di analisi da inserire in tutte le aree della medicina già esistenti.
Conoscere le differenze di genere che agiscono nella malattia è perciò fondamentale per una corretta prevenzione, una migliore diagnosi della malattia e per l’identificazione della terapia più appropriata.
La Medicina di genere in Italia e la legge 3/2018. Quanto ne sai?
Dal 2018, dopo circa 20 anni di confronto e di impegno di figure operanti nell’ambito delle politiche della salute, il nostro Paese si è dotato della prima legge al mondo che riconosce le differenze di genere nell’ambito della salute.
Il 31 gennaio 2018 è stata difatti approvata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la Legge 3 recante “Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della Salute”, anche conosciuta come decreto Lorenzin nonostante nella sua cronistoria porti la firma dell’On. Paola Boldrini.
L’articolo 3 della Legge, “Applicazione e la diffusione della medicina di genere nel Servizio sanitario nazionale”, richiedeva però la predisposizione di «un Piano volto alla diffusione della medicina di genere mediante divulgazione, formazione e indicazione di pratiche sanitarie che nella ricerca, nella prevenzione, nella diagnosi e nella cura tengano conto delle differenze derivanti dal genere, al fine di garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale in modo omogeneo sul territorio nazionale».
Proviamo a conoscere la Legge 3/2018 attraverso gli obiettivi del Piano Nazionale della Medicina di Genere.
IL PIANO NAZIONALE DELLA MEDICIA DI GENERE
Il 13 giugno 2019, il Ministro della Salute ha approvato formalmente il Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere sul territorio nazionale firmando il decreto attuativo relativo alla Legge 3/2018 che si sviluppa lungo le direttrici di definizione dei principi generali, degli obiettivi generali e specifici e della governance nazionale, regionale e aziendale per perseguirli.
All’interno del Piano, per ogni obiettivo specifico, sono definite le azioni prioritarie, gli attori coinvolti e gli indicatori utili per il loro monitoraggio.
L’attuazione delle diverse azioni prevedere successivi piani operativi e documenti tecnici, nazionali, regionali e locali per l’individuazione di dettagliate e specifiche attività e responsabilità operative, anche attraverso la costituzione di gruppi di lavoro inter-istituzionali.
I PRINCIPI GENERALI
Il Piano ha lo scopo di fornire un indirizzo coordinato e sostenibile per diffondere la medicina di genere sul territorio nazionale e garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate dal SSN, attraverso i seguenti principi:
- La previsione di un approccio interdisciplinare tra le diverse aree mediche e le scienze umane;
- La considerazione delle differenze derivanti dal genere, al fine di garantire l’appropriatezza della ricerca, della prevenzione, della diagnosi e della cura;
- La promozione ed il sostegno della ricerca biomedica, farmacologica e psico-sociale basata sulle differenze di genere;
- La promozione ed il sostegno dell’insegnamento della medicina di genere, garantendo adeguati livelli di formazione e di aggiornamento di tutto il personale medico e sanitario;
- La promozione ed il sostegno dell’informazione pubblica sulla salute e sulla gestione delle malattie in un’ottica di differenza di genere.
GLI OBIETTIVI GENERALI E SPECIFICI
In coerenza ai principi definiti, il Piano è articolato in quattro aree per ognuna delle quali sono fissati gli obiettivi generali e gli obiettivi specifici:
1) Percorsi clinici (prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione)
- Obiettivo generale: garantire la prevenzione, diagnosi e cura ad ogni persona con un approccio che tenga conto delle differenze di genere, in tutte le fasi della vita e in tutti gli ambienti di vita e di lavoro.
Obiettivi specifici:
A.1. Ottenere un quadro completo dal punto di vista strutturale, organizzativo e delle risorse (umane, strumentali, servizi) della medicina di genere in Italia.
A.2. Promuovere, sulla base dei dati epidemiologici, la prevenzione e la diagnosi precoce delle patologie in un’ottica di genere.
A.3. Sviluppare soluzioni innovative di accesso ai servizi, anche valorizzando le esperienze già presenti sul territorio nazionale, attuando percorsi di presa in carico della persona in un’ottica di genere, al fine di favorire una maggiore appropriatezza e personalizzazione dei percorsi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione.
A.4. Promuovere azioni volte ad applicare un approccio di genere alle politiche sanitarie sul territorio e sulla sicurezza negli ambienti di lavoro.
2) Ricerca e innovazione
- Obiettivo generale: promozione e sostegno della ricerca biomedica, farmacologica e psico-sociale basata sulle differenze di genere e trasferimento delle innovazioni nella pratica clinica.
Obiettivi specifici
B.1. Identificare e implementare il tema della medicina di genere come area prioritaria nell’ambito dei bandi di ricerca regionali, nazionali e, ove possibile, internazionali.
B.2. Sviluppare la ricerca biomedica di base, preclinica e clinica, farmacologica e psico-sociale sulla medicina di genere.
B.3. Trasferire al SSN, in ambito preventivo, diagnostico, terapeutico e organizzativo, le innovazioni scaturite dalla ricerca biomedica, farmacologica e psico-sociale sulla medicina di genere.
3) Formazione e aggiornamento professionale
- Obiettivo generale: garantire adeguati livelli di formazione e di aggiornamento di tutto il personale medico e sanitario in tema di medicina di genere.
Obiettivi specifici
C.1. Costruire, validare e utilizzare strumenti dedicati alla formazione in medicina di genere, che siano efficaci e replicabili.
C.2. Promuovere la consapevolezza sulle differenze di genere in ambito sanitario al fine di trasferire nelle attività professionali le acquisizioni e le competenze maturate.
4) Comunicazione e informazione
- Obiettivo generale: promuovere la conoscenza della medicina di genere presso tutti gli operatori della sanità e la popolazione generale, coinvolgendo il mondo del giornalismo e dei media.
Obiettivi specifici
D.1. Individuare strumenti dedicati al trasferimento dei contenuti di comunicazione ai target di riferimento.
D.2. Informare e sensibilizzare i professionisti sanitari e i ricercatori sull’importanza di un approccio di genere in ogni settore della medicina.
D.3. Informare e sensibilizzare la popolazione generale e i pazienti sulla medicina di genere, attraverso campagne e iniziative di comunicazione con il coinvolgimento del giornalismo e dei media.
LA GOVERNANCE
La diffusione della medicina di genere, prevedendo interventi in diversi settori, richiede una governance che assicuri un efficace coordinamento delle azioni a livello nazionale, regionale e locale. Pertanto, condizione indispensabile per il governo delle azioni previste dal Piano è la realizzazione di iniziative in grado di garantire:
- la partecipazione attiva di tutte istituzioni interessate;
- e l’individuazione delle risorse necessarie.
Per l’applicazione del Piano, sono raccomandate azioni a livello regionale per:
- Identificare un Referente regionale in medicina di genere.
- Istituire un Gruppo tecnico regionale per la programmazione delle attività di diffusione della medicina di genere, coordinato dal suddetto Referente regionale.
- Realizzare un sistema di rete per la promozione e lo sviluppo della salute e medicina di genere su tutto il territorio regionale.
- Definire indicatori stratificati per genere da inserire nella raccolta e nell’elaborazione dei flussi informativi e nella formulazione dei budget sanitari.
- Attivare sul sito regionale un’area dedicata alla medicina di genere supervisionata dal tavolo tecnico regionale.
- Promuovere la definizione di obiettivi per aziende sanitarie e IRCCS.
Sono inoltre indicati gli obiettivi aziendali per:
- La definizione di obiettivi genere-specifici per i Direttori generali;
- La definizione di interventi nell’ambito dei percorsi di umanizzazione che contemplino la specificità di genere;
- L’istituzione di un gruppo di coordinamento per la medicina di genere a valenza aziendale, con la partecipazione di un esperto di medicina di genere (come sopra delineato), che deve redigere annualmente una relazione riassuntiva sulle attività orientate al genere contenente indicatori di processo e di esito;
- L’inserimento di un esperto di medicina di genere nei comitati scientifici aziendali, collegi dei sanitari, comitati etici, prontuari terapeutici ospedalieri, commissioni;
- L’attivazione sul sito aziendale di una sezione di medicina di genere.
A che punto siamo?
Se questo è quanto previsto dal Piano Nazionale per la Medicina di Genere, conosciuti i limiti delle azioni poste in essere in molte Regioni, è evidente la denuncia dei ritardi attuativi e la necessità di accelerare scelte, volontà, risorse ed azioni cogenti per rendere esigibili gli obiettivi posti a base della Legge 3/2018 e dal Piano Nazionale di MdG per superare ogni disparità di genere nell’accesso al diritto alla salute.
E’ altrettanto evidente l’importanza del coinvolgimento di ogni soggetto della rappresentanza sociale e consumeristica per sviluppare percorsi partecipati per un maggiore radicamento culturale, sociale e sanitario della medicina di genere e della sua concreta e cogente esigibilità.
SISTEMA DI MONITORAGGIO DEI LEA E MONITORAGGIO 2019 E 2020.
L’accesso alle cure sempre più complicato. I cittadini costretti a rinunce, attese o cure a pagamento.
L’accesso alle cure è divenuto sempre più complicato. Anni di tagli al Fondo sanitario ed ai posti letto, di Piani di Rientro improntati più a far quadrare i conti che a riorganizzare i servizi sanitari, uniti alla pandemia, hanno lasciato segni pesanti nell’accesso alle cure.
Rispetto al 2019, negli anni più intensi della pandemia (2020 e nel 2021) si sono registrate:
- Circa 12,8 milioni di prime visite e 17,1 milioni di visite di controllo in meno;
- Circa 1 milione e 300mila ecografie all’addome, 3 milioni e 100 mila elettrocardiogrammi e mezzo milione di mammografie in meno;
- sono saltati screening ed interventi chirurgici in molte Regioni.
Tanta domanda di salute in parte è rimasta inevasa, con seri rischi per la salute dei cittadini, in parte si è spostata nel privato a pagamento per quanti ne hanno avuto la possibilità economica. In altri casi si è trasformata rinuncia forzata alle cure.
Compito del Ministero della Salute è garantire i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e di monitorare lo stato di erogazione dei LEA in ogni Regione per valutare il soddisfacimento dei parametri dei servizi resi dal Servizio sanitario nazionale.
Conoscere i meccanismi di rilevamento del Monitoraggio LEA è importante per comprendere i criteri alla base della valutazione di soddisfacimento dei bisogni di salute dei cittadini.
Il sistema di monitoraggio dei LEA a partire dal 2001.
Il “Sistema di garanzia” è lo strumento attraverso il quale il Governo, tramite il Ministero della Salute, assicura a tutti i cittadini che l’erogazione delle prestazioni e dei servizi compresi nei Livelli essenziali di assistenza (LEA) avvenga in condizioni di qualità, appropriatezza ed uniformità.
Con il D.lgs 56/2000, istitutivo del “federalismo fiscale”, è stato predisposto il Sistema di Garanzia, reso operativo dal DM 12 dicembre 2001, che definiva un set di circa 100 indicatori per il monitoraggio e la valutazione dell’assistenza sanitaria finalizzata agli obiettivi di tutela della salute perseguiti dal Servizio Sanitario Nazionale.
Nel tempo il Sistema Informativo Sanitario del Ministero (NSIS) ha modificato la sua struttura introducendo flussi informativi su base individuale e con informazioni a livello di singola prestazione erogata e tipologia rendendo l’insieme di indicatori più adatto a descrivere le performance e le capacità di risposta dei Servizi sanitari regionali ai bisogni di salute della popolazione.
La necessità di aggiornare il Sistema di Garanzia, come riportano i diversi Patti per la salute, è stata condivisa con tutte le Regioni.
Il Patto per la Salute 2010-2012 prevedeva, all’art. 10, di utilizzare, nelle more dell’aggiornamento del sistema di garanzia, un set di indicatori (la cosiddetta “Griglia LEA”), ripartiti tra:
- l’attività di assistenza negli ambienti di vita e di lavoro,
- l’assistenza territoriale,
- l’assistenza ospedaliera.
Attraverso tale set di indicatori venivano individuate per ogni Regione le aree di criticità in cui si riteneva compromessa l’adeguata erogazione dei LEA o i punti di forza della stessa erogazione.
Attraverso la Griglia LEA veniva certificato l’adempimento E) “Mantenimento dell’erogazione dei LEA, che rientrava tra gli adempimenti previsti dall’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, ai quali erano tenute le Regioni per accedere al maggior finanziamento del SSN.
Il sistema di monitoraggio dei LEA dal 2020.
A partire dal 1° gennaio 2020 è entrato in vigore il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria per come previsto dal DM 12 marzo 2019, pubblicato in Gazzetta Ufficiale Il 14 giugno 2019. Il sottoinsieme di indicatori “CORE”, previsto dal Nuovo Sistema
di Garanzia, ha sostituito la Griglia LEA (art. 3, comma 6, del D.M. 12 marzo 2019).
Gli indicatori individuati all’interno del NSG (Nuovo Sistema di Garanzia) sono 88 (DM 12 marzo 2019, allegato 1) distribuiti per macro-aree (o macro-livelli):
- 16 per la prevenzione collettiva e sanità pubblica;
- 33 per l’assistenza distrettuale;
- 24 per l’assistenza ospedaliera;
- 4 indicatori di contesto per la stima del bisogno sanitario;
- 1 indicatore di equità sociale;
- 10 indicatori per il monitoraggio e la valutazione dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA). Questi ultimi si riferiscono a 6 PDTA (broncopneumopatia cronica ostruttiva-BPCO, scompenso cardiaco, diabete, tumore della mammella nella donna, tumore del colon, tumore del retto) e consentono di monitorare e valutare il percorso diagnostico-terapeutico specifico per ciascuna delle patologie considerate.
Durante la sperimentazione 2016-2019 è stato definito l’impianto metodologico e sono stati individuati i primi indicatori del sottoinsieme, denominato CORE, costituito da 22 indicatori che hanno sostituito la Griglia LEA a partire dall’anno di valutazione 2020.
Il Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (Comitato LEA) attraverso il rilevamento predisposto con un apposito questionario indirizzato alle Regioni, ha il compito di monitorare l’erogazione dei LEA e di verificare il rispetto delle condizioni di appropriatezza e di compatibilità con le risorse messe a disposizione per il Servizio Sanitario Nazionale.
Il Monitoraggio dei LEA per l’Anno 2019.
Il monitoraggio pre-pandemia fotografava un Paese con forti differenziazioni per Regione nell’accesso ai Livelli Essenziali di Assistenza.
- Nel 2019, con riferimento ai punteggi, risultavano valutate positivamente 17 Regioni, ottenendo un punteggio uguale o superiore a 160 (livello minimo accettabile) in base alla Griglia LEA.
- Delle 17 Regioni dieci raggiungevano un punteggio superiore a 200: Veneto, Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Umbria, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Lazio.
- Altre sette Regioni, sulle 17, si collocavano in un punteggio compreso tra 200 e 160 (livello minimo accettabile): Puglia, Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Sicilia, Basilicata, Campania e Valle d’Aosta.
- La Provincia Autonoma di Bolzano e le Regioni Molise, Calabria e Sardegna si presentavano punteggi inferiori a 160.
Il monitoraggio dei LEA per l’Anno 2020.
La pandemia ha allargato le fratture sanitarie fra Regioni ed abbassato, quasi ovunque, l’accesso ai Livelli Essenziali di Assistenza. È quanto emerge dall’ultimo rilevamento dei LEA 2020. Il Ministero della Salute ha attribuito al monitoraggio dei LEA per l’anno 2020 solo carattere informativo non valido cioè ai fini del riparto delle risorse alle Regioni che sarebbe risultato, evidentemente, penalizzante. La lettura del REPORT LEA dell’anno 2020 per le tre macro-aree di assistenza (ospedaliera, distrettuale, prevenzione), evidenzia relativamente agli indicatori CORE, diverse criticità attribuibili all’evento pandemico.
- Nell’area ospedaliera, la dinamica dei punteggi rilevati per diversi indicatori di appropriatezza, è alterata a causa della notevole diminuzione dei ricoveri (tasso di ospedalizzazione).
- Nell’area prevenzione, i punteggi di quattro indicatori su sei complessivi hanno subito un peggioramento marcato (Screening, Vaccinazioni, Copertura delle attività di controllo su animali) rispetto all’anno 2019.
- Nell’area distrettuale si registrano diverse variazioni rispetto all’anno precedente (aumento tempi registrati nell’EMUR, riduzione consumo di antibiotici, riduzione re-ricoveri e ricoveri inappropriati).
Solo 11 Regioni nel 2020 registrano un punteggio superiore a 60 (la soglia di sufficienza) in tutte e macro-aree: Piemonte, Lombardia, P.A. di Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio e Puglia.
Sono invece ben 10 le Regioni che presentano un punteggio inferiore alla soglia di 60 in una o più macro-aree sono:
- Liguria, Abruzzo, Molise e Sicilia, in una sola macro-area;
- Campania, Basilicata, Valle d’Aosta, P.A. di Bolzano e Sardegna, in due macro-aree;
- Calabria, in tutte le macro-aree.
Complessivamente si evidenzia un arretramento nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza ed in particolare nel Mezzogiorno. Criticità che persistono a tutt’oggi, sino a determinare forte allarme sociale.
La Tabella 3 riporta i punteggi raggiunti per ciascuna area di assistenza nell’anno 2020 e le ultime tre annualità della sperimentazione NSG. (Tabella 3. Risultati NSG punteggi sottoinsieme CORE per area, anni 2020-2017).
Regione | 2020 | 2019 | 2018 | 2017 | ||||||||
Area Prevenz. | Area Distrett. | Area Osped. | Area Prevenz. | Area Distrett. | Area Osped. | Area Prevenz. | Area Distrett. | Area Osped. | Area Prevenz. | Area Distrett. | Area Osped. | |
Piemonte | 76,08 | 91,26 | 75,05 | 91,72 | 88,83 | 85,78 | 93,04 | 88,31 | 85,59 | 92,90 | 84,05 | 84,14 |
Valle d’Aosta | 74,06 | 56,58 | 59,71 | 72,16 | 48,09 | 62,59 | 72,30 | 36,70 | 71,54 | 64,12 | 34,52 | 74,38 |
Lombardia | 62,02 | 95,02 | 75,59 | 91,95 | 89,98 | 86,01 | 89,94 | 83,44 | 79,93 | 86,84 | 77,05 | 77,13 |
P.A. Bolzano | 51,90 | 57,43 | 66,89 | 53,78 | 50,89 | 72,79 | 51,86 | 40,60 | 71,38 | 53,37 | 44,82 | 73,97 |
P.A. Trento | 88,42 | 78,07 | 93,07 | 78,63 | 75,06 | 96,98 | 93,02 | 72,90 | 94,18 | 83,56 | 82,45 | 94,75 |
Veneto | 80,74 | 98,37 | 79,67 | 94,13 | 97,64 | 86,66 | 91,72 | 94,65 | 85,93 | 80,75 | 95,10 | 83,67 |
Friuli V.G. | 75,63 | 80,35 | 74,06 | 80,39 | 78,35 | 80,62 | 73,20 | 76,42 | 82,94 | 53,18 | 74,02 | 80,72 |
Liguria | 50,85 | 83,12 | 65,50 | 82,09 | 85,48 | 75,99 | 83,50 | 86,84 | 75,84 | 73,94 | 84,16 | 79,99 |
Emilia
Romagna |
89,08 | 95,16 | 89,52 | 94,41 | 94,51 | 94,66 | 93,26 | 94,32 | 90,70 | 93,03 | 86,82 | 88,51 |
Toscana | 88,13 | 92,94 | 80,00 | 90,67 | 88,50 | 91,39 | 88,48 | 89,79 | 90,91 | 87,07 | 82,67 | 94,27 |
Umbria | 89,64 | 68,55 | 71,61 | 95,65 | 69,29 | 87,97 | 93,92 | 67,48 | 87,33 | 92,89 | 67,91 | 80,59 |
Marche | 79,01 | 91,68 | 75,05 | 89,45 | 85,58 | 82,79 | 82,03 | 76,70 | 77,04 | 69,00 | 78,51 | 69,84 |
Lazio | 74,46 | 80,19 | 71,76 | 86,23 | 73,51 | 72,44 | 84,99 | 62,40 | 73,25 | 86,18 | 57,99 | 70,78 |
Abruzzo | 54,03 | 76,94 | 63,47 | 82,39 | 79,04 | 73,84 | 86,24 | 74,05 | 68,54 | 66,54 | 63,76 | 67,92 |
Molise | 64,21 | 67,12 | 41,94 | 76,25 | 67,91 | 48,73 | 79,55 | 44,49 | 44,74 | 74,18 | 31,25 | 40,66 |
Campania | 61,53 | 57,14 | 59,08 | 78,88 | 63,04 | 60,40 | 74,67 | 64,30 | 58,07 | 72,51 | 55,16 | 44,83 |
Puglia | 66,83 | 68,13 | 71,73 | 81,59 | 76,53 | 72,22 | 79,39 | 70,57 | 72,14 | 66,21 | 64,60 | 65,90 |
Basilicata | 57,07 | 62,85 | 51,90 | 76,93 | 50,23 | 77,52 | 84,16 | 45,09 | 75,83 | 78,69 | 49,86 | 72,56 |
Calabria | 32,73 | 48,18 | 48,44 | 59,90 | 55,50 | 47,43 | 64,03 | 58,44 | 47,22 | 65,49 | 47,35 | 50,63 |
Sicilia | 43,44 | 62,06 | 69,26 | 58,18 | 75,20 | 70,47 | 50,76 | 75,64 | 50,60 | 50,20 | 74,87 | 73,05 |
Sardegna | 70,79 | 48,95 | 59,26 | 78,30 | 61,70 | 66,21 | 75,78 | 34,50 | 64,60 | 76,36 | 35,16 | 63,74 |
LISTE DI ATTESA: QUALI TUTELE PER I CITTADINI?
Non si arrestano le segnalazioni di pazienti con gravi patologie e codici di urgenza costretti a lunghe attese per accedere a esami o prestazioni specialistiche o a ricorrere a cure a pagamento.
Ma la salute dei cittadini può essere ostaggio di criticità sanitaria che di fatto negano per tanti cittadini cure tempestive e di qualità?
Il diritto costituzionale alla salute e alle cure può essere condizionato dal luogo in cui si risiede o dalla disponibilità economica del singolo paziente?
Non di certo, tantomeno può essere compresso o negato un diritto che discende direttamente dalla Costituzione.
Eppure, è destinato ad un punto di non ritorno se non si interviene con azioni ordinarie e straordinarie mirate al governo ottimale dei processi organizzativi che attengono le liste d’attesa, a invertire il taglio dei fondi al sistema sanitario, se non si assolve alla carenza di personale e al sottoutilizzo della strumentazione sanitaria, se non si azionano misure di contenimento dell’attività intramoenia ed il drenaggio fittizio verso il privato a pagamento.
Il fenomeno delle liste d’attesa sollecita perciò politiche nazionali e regionali strutturali ed emergenziali capaci di affrontare le maggiori criticità con cui impattano quotidianamente i cittadini che, oltre al carico della malattia, non possono essere costretti a ricercare percorsi di cura alternativi o a pagamento con gravi e costosi sacrifici.
Ma cosa può fare il cittadino per tutelare il proprio diritto a ricevere dal sistema sanitario nazionale cure tempestive ed appropriate?
Proviamo a fornire di seguito alcune utili indicazioni per agire in autotutela o con il supporto degli Sportelli di Federconsumatori.
Tempi previsti dal PNGLA (Piano Nazionale per il Governo delle Liste d’Attesa) 2019-2021
Il Piano nazionale per il governo delle liste d’attesa (PNGLA), nato per avvicinare la sanità pubblica ai cittadini, prevede i tempi massimi per ogni specifica prestazione in ragione della loro urgenza.
Il PNGLA definisce l’impegno comune del Governo, delle Regioni e delle Province Autonome di convenire su azioni complesse e articolate fondate sul principio di appropriatezza clinica, organizzativa e prescrittiva a garanzia di un appropriato, equo e tempestivo accesso alle prestazioni, attraverso la collaborazione fra tutti gli attori del sistema.
Le aziende sanitarie e ospedaliere sono tenute perciò a garantire ai pazienti l’erogazione delle prestazioni sanitarie prescritte dal proprio medico entro tempi massimi ben definiti dal Piano e, chiunque costretto a subire tempi più lunghi che pregiudicano la propria salute, può e deve segnalare all’Azienda sanitaria o Ospedaliera di riferimento, i ritardi riscontrati nella fruizione delle prestazioni richieste.
Il Piano Nazionale del Governo delle Liste d’Attesa prevede:
- Il rispetto di ogni Regione e provincia Autonoma dei tempi massimi di attesa definiti dallo stesso Piano e dai Piani Regionali per tutte le prestazioni erogate;
- Individua l’elenco delle prestazioni diagnostiche, terapeutiche e riabilitative di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera soggette a monitoraggio;
- Ribadisce che in caso di mancata esplicitazione a livello di Regioni e province Autonome si applicano i tempi previsti dal PNGLA;
- Conferma le aree cardiovascolare e oncologica quali aree prioritaria per lo sviluppo dei percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali a garanzia della tempestività della diagnosi e del trattamento e prevedendo l’individuazione di altre aree di criticità;
- Conferma l’obbligo di indicare chiaramente su tutte le prestazioni il Quesito diagnostico (che descrive il problema di salute), se trattasi di prestazioni di primo accesso o di accesso successivo, e, per le prestazioni di primo accesso la Classe di priorità e prevedendo apposite agende dedicate legate alla presa in carico ed ai controlli pianificando la fruibilità tempestiva delle prestazioni ed in modo congruo al decorso della patologia;
- Prevede che siano nettamente distinte le prestazioni tra primi accessi e accessi successivi;
- Promuove la valutazione ed il miglioramento dell’appropriatezza e della congruità prescrittiva per l’accesso alle prestazioni ambulatoriale e di ricovero;
- Prevede la gestione trasparente e la totale visibilità delle Agende di prenotazione delle strutture pubbliche e private accreditate, nonché quelle dell’attività istituzionale e della libera professione intramuraria da parte dei sistemi informativi aziendali e regionali, in tal senso tutte le Agende di prenotazione devono essere gestite dai sistemi CUP e devono essere suddivise per Classi di priorità.
Il medico prescrittore (medico di medicina generale-MMG, pediatra di libera scelta-PLS, specialista in strutture sanitarie pubbliche o accreditate) è tenuto ad indicare sul ricettario SSN:
- se si tratta di prima visita/prestazione strumentale oppure di accessi successivi;
- la Classe di priorità;
- il Quesito diagnostico.
Il Quesito diagnostico descrive il problema di salute che motiva la richiesta di effettuare la prestazione; la Classe di priorità definisce i tempi di accesso alle prestazioni sanitarie.
Quali sono le classi di priorità per le prestazioni di specialistica ambulatoriale?
Le Classi di priorità previste nel Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2019-2021 sono:
Classe U (Urgente), prestazioni da eseguire nel più breve tempo possibile e comunque, entro 72 ore (3 giorni);
Classe B (Breve), prestazioni da eseguire entro 10 giorni;
Classe D (Differibile), prestazioni da eseguire entro 30 giorni per le visite / entro 60 giorni per gli accertamenti diagnostici strumentali;
Classe P (Programmata), prestazioni da eseguire entro 120 giorni. Fino al 31/12/2019 la Classe P è considerata da eseguirsi entro 180 giorni.
Quali sono le classi di priorità per le prestazioni di ricovero?
Le Classi di priorità previste nel Piano nazionale di governo delle liste di attesa (PNGLA) 2019-2021 sono:
Classe A: ricovero entro 30 giorni per i casi clinici che potenzialmente possono aggravarsi rapidamente al punto da diventare emergenti o comunque da arrecare grave pregiudizio alla prognosi;
Classe B: ricovero entro 60 giorni per i casi clinici che presentano intenso dolore, o gravi disfunzioni, o grave disabilità, ma che non manifestano la tendenza ad aggravarsi rapidamente al punto da diventare emergenti, né possono per l’attesa ricevere grave pregiudizio alla prognosi;
Classe C: ricovero entro 180 giorni per i casi clinici che presentano minimo dolore, disfunzione o disabilità, e non manifestano tendenza ad aggravarsi né possono per l’attesa ricevere grave pregiudizio alla prognosi;
Classe D: ricovero senza attesa massima definita per i casi clinici che non causano alcun dolore, disfunzione o disabilità. Questi casi devono comunque essere effettuati almeno entro 12 mesi.
Come si possono prenotare le prestazioni sanitarie?
Il canale di accesso alle prestazioni è determinato a livello locale e prevede diverse modalità tra cui:
- CUP telefonico e/o CUP on-line;
- Sportello CUP;
- Farmacia che offre questo servizio;
- Medico di medicina generale (MMG)/pediatra di libera scelta (PLS).
Se l’assistito rifiuta la prima data disponibile al momento della prenotazione cosa accade?
In questo caso l’assistito esce dall’ambito di garanzia del rispetto dei tempi di attesa previsto dalla Classe di priorità assegnata.
È possibile conoscere la propria posizione nell’Agenda di prenotazione dei ricoveri?
Il Piano nazionale di governo delle liste di attesa (PNGLA) 2019-2021 riconosce al paziente la possibilità di prendere visione della sua posizione nella liste di attesa per il ricovero facendone opportuna richiesta alla Direzione sanitaria o alla Direzione medica ospedaliera.
Qualora si modifichino le condizioni cliniche del paziente oppure il paziente intenda rinviare l’intervento per motivi personali, è possibile apportare modifiche all’ordine di priorità a cura del medico proponente.
È possibile conoscere gli interventi messi in messi in atto dalla propria Azienda sanitaria per la gestione delle liste di attesa?
Ogni Azienda sanitaria deve predispone, su indicazione della Regione/Provincia autonoma, il Programma Attuativo Aziendale, che provvede a:
- individuare, per le prestazioni di primo accesso, gli ambiti territoriali di garanzia nel rispetto del principio di prossimità e raggiungibilità, al fine di consentire di quantificare l’offerta necessaria a garantire i tempi massimi di attesa. Qualora la prestazione non venga erogata nell’ambito territoriale di garanzia, viene messo in atto il meccanismo di garanzia di accesso per il cittadino;
- garantire la completa disponibilità di tutta l’offerta di specialistica pubblica e privata attraverso i sistemi CUP;
- garantire la correttezza e l’appropriatezza delle prescrizioni di specialistica ambulatoriale (uso delle Classi di priorità, obbligatorietà del Quesito diagnostico, tipologia di accesso);
- monitorare e fornire informazioni adeguate e periodiche sull’andamento dei tempi di attesa nel proprio territorio;
- definire modalità organizzative appropriate per i rapporti con i cittadini in tema di liste di attesa assicurando una chiara comunicazione sulle problematiche esposte;
- garantire la diffusione e l’accesso a tali informazioni utilizzando gli strumenti di comunicazione disponibili (tra i quali i siti Web aziendali), nonché prevederne la disponibilità anche presso le strutture di abituale accesso dei cittadini (farmacie di comunità, ambulatori dei MMG e dei PLS);
- indicare quali percorsi alternativi o azioni straordinarie da adottare per garantire i tempi massimi in condizioni di criticità.
È possibile sospendere le prenotazioni delle prestazioni?
Sospendere le attività di prenotazione (fenomeno delle cosiddette liste d’attesa bloccate, agende chiuse) è una pratica vietata dalla Legge 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, comma 282. (Finanziaria 2006).
È possibile sospendere l’erogazione delle prestazioni?
È possibile, in via del tutto eccezionale e nel rispetto di alcune regole, nel caso in cui la sospensione riguardi l’erogazione totale di una certa prestazione in una singola struttura, cioè non ci siano altre risorse che continuano ad erogare tale prestazione garantendo così il servizio.
Le sospensioni delle prestazioni, indicate al paragrafo 3.1 del Piano nazionale di governo delle liste di attesa (PNGLA) 2019-2021, sono oggetto di monitoraggio.
*Fonte Ministero della Salute
Sul sito www.federconsumatori.it nell’apposito Settore dedicato alla SALUTE (vedi barra in alto) o presso ogni sede regionale di Federconsumatori è possibile scaricare i Modelli per segnalare disservizi all’Azienda sanitaria:
- nel caso di lunghi tempi d’attesa per ricoveri
- nel caso di lunghi tempi di attesa per visite
- nel caso di lunghi tempi di attesa per visite di controllo
CONTROLLO DEI NAS NEGLI STUDI MEDICI: IL 16% IRREGOLARE.
Studi medici: il 14% di quelli controllati dai NAS non è conforme ed anche i pazienti segnalano crepe nella qualità dell’assistenza.
Durante la pandemia medici di famiglia e pediatri sono stati nella trincea della lotta contro il virus e riferimento prezioso per molti cittadini. Nella storia della sanità del Paese il medico di famiglia rappresenta l’anello di congiunzione e di fiducia tra assistiti e servizio sanitario.
Eppure, il rapporto con i medici di base, negli ultimi tempi comincia a mostrare alcune crepe che anche Federconsumatori rileva nelle segnalazioni che giungono ai propri sportelli: non solo difficoltà nella scelta dei MMG e PLS legata al pensionamento di molti medici ma anche, per la qualità del tempo estremamente risicato dedicato alle visite in molti casi dovuto al sovraccarico di assistiti, per la difficoltà di essere raggiunti a domicilio, per il basso confort dei locali messi a disposizioni dei pazienti e le continue interruzioni costretti a subire per frequenti telefonate o gli ingressi indesiderati durante le visite.
Per queste ragioni non sono pochi i cittadini che dichiarano in caso di necessità di attendere l’orario di entrata in servizio dei medici della continuità assistenziale per ricevere cure più accurate e tempestive.
Non sono da meno le segnalazioni di medici convenzionati che si propongono ai loro assistiti per approfondimenti diagnostici a pagamento che potrebbero essere effettuati attraverso i canali degli ambulatori della rete di servizi distrettuali pubbliche.
Da qui la consapevolezza non solo della necessità che si sopperisca alla carenza dei Medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta ma anche, che si giunga ad una riforma che porti alla internalizzazione al SSN dei MMG e dei PLS. Sarebbe la via ridurre i disservizi e migliorare la presa in carico dei bisogni di salute e la continuità assistenziale all’interno dei servizi di territorio
La recente campagna di controlli condotta dai Carabinieri dei Nas ed il Ministero della Salute che ha sottoposto ad ispezione 1.838 studi di medici di famiglia e pediatri convenzionati, hanno evidenziato la non conformità di 251 studi (pari a circa il 14%) e 308 in difetto per irregolarità penali ed amministrative. Verso due studi medici, uno in provincia di Catania ed uno di Reggio Calabria sono stasi emessi di provvedimenti di sospensione delle attività per mancanza di abitabilità ed esercizio di attività mediche non autorizzate.
Fra le violazioni di conformità riscontrate durante le ispezioni, molte (65%) hanno riguardato carenze igienico/strutturali degli ambienti destinati alle visite.
Nonostante la maggioranza degli studi controllati svolgevano la regolare erogazione dei servizi ai propri assistiti, gli accertamenti dei Nas hanno rilevato anche attività illecite tanto da determinare il deferimento all’Autorità giudiziaria di 51 tra medici e figure amministrative.
Ciò a riprova di quanto ogni segmento della sanità, pubblica, privata o in convenzione, debba essere costantemente monitorato e vigilato per accertare la qualità degli standard dei servizi resi ai cittadini.
COMPARTECIPAZIONE (TICKET): FEDERCONSUMATORI CONQUISTA UN IMPORTANTE RISULTATO A TUTELA DEI CITTADINI.
Recupero Ticket. Importante sentenza ottenuta da Federconsumatori: l’attività di recupero dev’essere preceduta da un’apposita procedura di contestazione.
Assai drammatico è diffuso è l’espletamento massivo sull’intero territorio nazionale di azioni di recupero crediti a titolo di compartecipazione alla spesa per prestazioni sanitarie per errata autocertificazione della fascia di esenzione.
Giungono spesso ai beneficiari di servizi sanitari azioni tardive e cumulative di pagamento di servizi sanitari (visite specialistiche, esami diagnostici, farmaci, accesso al Pronto Soccorso, ecc.) non dovuti, a parere dell’Amministrazione sanitaria, in regime di esenzione dal ticket e relative ad annualità pregresse alle quali è normalmente associata anche la gravissima prassi della sospensione dell’erogazione in esenzione di ogni prestazione sanitaria.
Eppure, si tratta di prestazioni tutte rientranti nei cosiddetti Livelli Essenziali di assistenza, molte volte negate alle fasce più deboli della società.
Và opposto che i cittadini “non abbienti” di cui all’art. 32 della Costituzione Italiana hanno diritto ad esenzione dal costo delle prestazioni sanitarie sia per la specialistica che per la farmaceutica nei limiti di legge, eliminando qualsivoglia impedimento alla garanzia di un diritto inviolabile della persona come quello alla salute, altrimenti impedito. Deve infatti evitarsi che “la partecipazione rappresenti una barriera per l’accesso ai servizi ed alle prestazioni così da caratterizzarsi per equità ed universalismo”. (Patto per la Salute 2014 – 2016).
Purtroppo, una non corretta applicazione della normativa in tema di esenzione dalla compartecipazione alla spesa per prestazioni sanitarie e farmaci, si è tradotta in un concreto impedimento all’accesso al servizio pubblico delle fasce sociali più deboli, alimentando in parte il drammatico fenomeno sociale della rinunzia alle cure ed ai farmaci assicurati dal SSN e concorrendo a determinare l’aumento della cosiddetta spesa sanitaria “out of pocket”.
Nel contempo, in un’inaccettabile frammentazione regionale, ancora non riceve doverosa considerazione e riconoscimento, nelle disposizioni aziendali e nella modulistica, la categoria degli inoccupati e dei lavoratori a basso reddito qualificabili disoccupati ai sensi di legge.
Ad aggravare la tendenza all’esclusione l’utilizzo di procedure di recupero spesso caratterizzate da forme e modalità del tutto arbitrarie che fanno prevalere l’interesse “al pagamento” su quello “alle cure” pur essendo previsto dalla legge il preventivo avvio di una procedura di verifica e contestazione che consenta al cittadino di poter far valere le proprie ragioni raggiungendo un delicato equilibrio di interessi.
Della esigenza inemendabile dell’apposito iter procedurale prima di qualsivoglia azione Federconsumatori Campania ha ottenuto finalmente un primo importante riscontro giurisprudenziale assumendosi l’obbligo di procedimentalizzazione della contestazione come un principio di portata generale da declinare in tutte le procedure di recupero.
In merito, si richiamano le sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 806/2023 e poi n. 1120 del 2023 con la quali l’organo giudicante proprio, ha chiarito che ove non dichiarato e documentato con formale contestazione il motivo per cui non sussista il diritto all’esenzione, si ha una “palese violazione dell’art. 1 comma 11 D.M. 11.12.2009 nel quale si prevede la procedimentalizzazione della contestazione da parte dell’Asl della insussistenza dei presupposti garantendo al cittadino la possibilità di controdeduzioni sul punto”.
Ma non basta! Tanto chiarito, la questione va ora trasposta sul piano più qualificante della tutela del diritto alla salute per le più opportune declaratorie da parte del giudice civile impedendo che l’azione volta a non riconoscere il diritto all’esenzione secondo le siffatte illecite modalità sino al recupero delle debitorie si traduca nella ricattatoria, NEGAZIONE del diritto alle cure, in quanto rivolta ad un cittadino, all’attualità, non in grado di diversamente assolvere al proprio bisogno sanitario, costituendo così un unicum atipico di azione di recupero di debitorie di carattere economico non degno di un paese civile in quanto a scapito di diritti incomprimibili della persona.
Non sono pochi i casi di cittadini che presi dal panico stipulano accordi di rateizzazione a fronte della minaccia di vedersi definitivamente negata l’assistenza o che si indebitano non riuscendo a fronteggiare tutte le spese.
Per ricevere assistenza e tutela ogni qualvolta si presentino casi similari, è opportuno rivolgersi agli Sportelli di Federconsumatori della città più vicina per tutelare il diritto di accesso alle cure i cui recapiti ed orari di ricevimento sono consultabili sul sito www.federconsumatori.it.
I cittadini che ritengono di aver subito un disservizio sanitario possono rivolgersi alla rete di Sportelli di Federconsumatori dove riceveranno assistenza e tutela.
Sul sito www.federconsumatori.it la mappa nazionale delle Sedi regionali e degli Sportelli.