In Comunicati, Salute

E’ prevista per la prossima estate, nell’ambito del piano di riorganizzazione della Sanità nella Regione Lazio, la sperimentazione di 18 mesi che consentirà finalmente alle donne di accedere all’aborto farmacologico, mediante l’assunzione della pillola Ru486 (che attualmente viene somministrata gratuitamente solo nelle strutture ospedaliere pubbliche, su richiesta del ginecologo), anche nei consultori familiari, senza bisogno di ricorrere al ricovero ospedaliero.

 

Una volta accertata la gravidanza, entro le prime sette settimane, le donne potranno, quindi, recarsi presso un consultorio, all’interno del quale, grazie all’ausilio e alla disponibilità del personale sanitario, verrà somministrata loro la pillola abortiva.

Due giorni dopo l’assunzione dovranno tornare per ricevere il secondo farmaco, le prostaglandine, e una volta ultimato il percorso, torneranno al consultorio per essere visitate.

 

Questa sperimentazione, seppur ancora in fase di discussione e approvazione, rappresenta una vera e propria rivoluzione indirizzata a de-ospedalizzare, rendendola ambulatoriale, la pratica dell'aborto: l'obiettivo è, infatti, quello di rendere l’interruzione volontaria di gravidanza meno gravosa possibile, ma soprattutto praticabile in un contesto più confidenziale per la donna, come quello del consultorio, dedicato interamente alla salute femminile.

Questa apertura nei confronti delle donne che scelgono consapevolmente di abortire, rappresenta un passaggio fondamentale e molto atteso, in linea con gli obiettivi di rilancio e potenziamento dei consultori familiari, al fine di renderli sempre più un luogo di tutela della salute riproduttiva e psicologica delle donne.

La tutela dei diritti delle donne va portata avanti in modo concreto e continuo, anche e soprattutto alla luce del continuo intralcio che la strategia dell’obiezione di coscienza opera nei confronti della Legge n. 194/78: proprio nel Lazio, infatti, l’obiezione di coscienza ha superato la soglia critica dell'80%, facendo leva sull'obbligo di ricovero come strumento sistematico di persuasione e di condizionamento compiuto sulle scelte delle donne.

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