In Banche e Assicurazioni, Comunicati

Ogni giorno emergono comportamenti gravi di CONSOB e Bankitalia, che devono essere assolutamente chiariti dai magistrati. Oggi su un quotidiano, un circostanziato articolo, rappresenta se accertato dai magistrati, la prova provata delle evidenti responsabilità di Bankitalia, che negando l'acquisto a Carife, ha addossato i rischi ai risparmiatori truffati ed espropriati del loro sudore.  "Le obbligazioni sono rischiose". Ma Bankitalia negò l’acquisto titola il quotidiano. Nell’agosto 2012 il Consiglio di amministrazione aveva chiesto l’ok per estinguere i bond, ma Bankitalia si oppose secondo il pezzo firmato da Stefano Lolli.  «Le mutate condizioni del mercato rendono opportuno il riacquisto delle obbligazioni, essendo collocate queste ‘subordinate’ presso la clientela retail».Così, il 10 agosto 2012, il CdA della Cassa di Risparmio chiedeva a Bankitalial’autorizzazione ad effettuare un’operazione che, in caso di accoglimento, avrebbe forse evitato il bagno di sangue che ora migliaia di risparmiatori stanno affrontando. Ma quella richiesta ha cozzato contro un silenzio tombale.E’ un documento choc, quello che emerge oggi, nel pieno del baillamme sul ‘salvabanche’. Si tratta di un atto portato all’approvazione del consiglio d’amministrazione dall’allora direttore generale Daniele Forin, e relativo alle tre emissioni decennali di ‘bond’ subordinati del 2006 e 2007, azzerate nel novembre scorso dal decreto del governo.«Le condizioni di buon favore al momento dell’emissione – si legge nella delibera del CdA, riunito nella sala Masi con quell’unico punto all’ordine del giorno – risultano oggi penalizzanti, anche in considerazioni del livello di subordinazione».In quel momento, Carife aveva fra l’altro già superato il limite di riacquisto del 10% delle obbligazioni, e non poteva evidentemente effettuare un’operazione tanto rilevante in autonomia: oltretutto, trovandosi in ‘vigilanza rafforzata’ da parte di Bankitalia, non poteva far altro che chiedere l’autorizzazione agli organi di via Nazionale, per liquidare i propri obbligazionisti. Così, subito dopo l’approvazione della delibera, è partita la lettera firmata dal presidente Sergio Lenzi, che illustrava quanto riportato più sinteticamente nell’atto del CdA: in pratica, Carife avrebbe «consentito agli obbligazionisti, su base volontaria, di sostituire lo strumento posseduto (ovvero le ‘subordinate’, ndr), con altre attività a minor rischio, e con un profilo di redditività più coerente con l’attuale situazione dei mercati finanziari».In pratica, sembrava emergere l’opportunità di estinguere le obbligazioni subordinate («a prezzi inferiori a quelli di emissione», si legge nella lettera), offrendo ai risparmiatori altri strumenti meno rischiosi. Si sarebbe trattato di un’operazione finanziariamente molto rilevante, per un ammontare di ben 70 milioni di euro, ma che oltre a mettere al riparo i possessori di obbligazioni subordinate da possibili ripercussioni derivanti, allora, solo da un mercato stagnante, avrebbe garantito anche un vantaggio rilevante per le casse di Carife.«L’impatto positivo sarebbe orientativamente di 6 milioni e 900mila euro», conclude la lettera del presidente Sergio Lenzi. Fiducioso, probabilmente, che un intervento tanto ben prospettato e prudente, avrebbe trovato accoglimento da parte della Banca d’Italia.Ma da via nazionale, a quanto risulta negli archivi della Cassa di Risparmio, non è mai arrivata alcuna risposta: nel mondo bancario, diversamente dalla pubblica amministrazione, non vige il cosiddetto ‘silenzio-assenso’, ma c’è chi dice che sarebbe addirittura arrivato un rifiuto informale, anche se di quest’ultimo aspetto mancano riscontri.E’ un dato di fatto, però, che tre anni e tre mesi prima del ‘salvabanche’ che le ha mandate in fumo, le obbligazioni subordinate avrebbero potuto essere rivendute a Carife, in cambio magari di ‘bond’ ordinari, e che oggi sarebbero garantiti". Adusbef e Federconsumatori, nell'ennesimo esposto alle Procure, chiedono di chiarire ed accertare tali comportamenti i quali se confermati sarebbero così gravi da far scattare automatiche incriminazioni su una Banca d'Italia che, oltre a non aver vigilato sulle banche a tutela del pubblico risparmio, sarebbero idonei a configurare i reati di truffa a danno di migliaia di famiglie espropriate. Altro che ostacolo alla vigilanzaElio Lannutti ( Adusbef) Rosario Trefiletti (Federconsumatori)

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