In Comunicati, Politica Economica

L'Istat conferma i dati incoraggianti sul fronte dell'inflazione, che a giugno si attesta allo 0,2%.

Un timido segnale positivo, che arriva dopo mesi consecutivi di valori negativi.

"Un segnale senza dubbio positivo, ma ancora insufficiente per poter parlare di ripresa." – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, Presidenti di Federconsumatori e Adusbef.

È necessario infatti, ora, uno sforzo concreto affinché tale segnale sia accompagnato e supportato da un'adeguata politica economica di rilancio.

L'andamento del potere di acquisto delle famiglie non accenna a diminuire e questo, in presenza di un tasso di inflazione in risalita, è senza dubbio un elemento di preoccupazione, anche perché, come dimostrano gli ultimi dati proprio dell'Istat, le famiglie sono state costrette a diminuire drasticamente i propri consumi persino nel campo alimentare.

Dal 2008 ad oggi la capacità di spesa delle famiglie è diminuita del -13,4%.

I consumi, nel solo triennio 2012-2013-2014 sono diminuiti del -10,7%, per una cifra complessiva pari a circa 78 miliardi di Euro.

Di fronte a queste cifre è evidente la necessità di imprimere una seria svolta alla domanda interna. Il primo passo in tal senso è il rilancio dell'occupazione, attraverso l'avvio di un Piano Straordinario per il Lavoro che preveda:

– il rilancio degli investimenti per la ricerca e lo sviluppo (in primis per la banda larga),

– lo stanziamento dei fondi per la modernizzazione e la messa in sicurezza degli edifici pubblici (a partire da scuole ed ospedali),

– l'avvio di un serio piano per la valorizzazione dell'offerta turistica nel nostro Paese, in special modo in vista del periodo estivo.

Dare nuova occupazione ai giovani e meno giovani significa anche dare nuovo ossigeno alla capacità di acquisto di genitori, nonni, zii, che attualmente si fanno carico del mantenimento di figli e nipoti disoccupati, per una spesa che il nostro O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha calcolato pari a 400-500 Euro annui.

Rimettere in moto il mercato del lavoro, quindi, significa dare respiro all'intera domanda interna, dando nuovo impulso ai consumi e, quindi, alla ripresa.

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