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“Quali delle seguenti percentuali rappresenta la migliore stima del verificarsi dell'omosessualità nell'uomo?” Questa domanda non è stata estratta, come si potrebbe legittimamente pensare, da un volantino di propaganda di qualche improbabile gruppo omofobo ma dal Progress test svolto ieri nelle università italiane con corsi di laurea in Medicina e Chirurgia. Decine di migliaia di studenti che hanno effettuato l’esame hanno trovato, con grande sorpresa, il quesito inserito tra le domande relative alle malattie: di fatto, quindi, la domanda presuppone implicitamente che l’omosessualità sia considerata come una vera e propria patologia.

Ci associamo alle dichiarazioni del Ministro dell'Istruzione Valeria Fedeli, che ha giustamente definito l’episodio di una “gravità inaudita”, auspicando la cancellazione della domanda e sanzioni per i responsabili.

E’ moralmente, socialmente ed eticamente inammissibile che l’omosessualità venga considerata una malattia ed è ancora più grave che ciò avvenga nel contesto universitario, quindi in un luogo di cultura, conoscenza e formazione, in cui l’inclusione e il rispetto devono costituire principi intoccabili.

“Eliminare il quesito e non prendere in considerazione la relativa risposta ai fini della valutazione delle competenze acquisite dagli studenti è un atto dovuto e un gesto di civiltà” – dichiara Emilio Viafora, Presidente di Federconsumatori.

Chiediamo che vengano adottati provvedimenti severi nei confronti di chi ha elaborato la domanda e soprattutto esigiamo una presa di posizione da parte della comunità medica italiana, i cui vertici dovrebbero stigmatizzare con forza l’episodio e chiarire all’opinione pubblica che l’omosessualità non può e non deve essere considerata una malattia.  

 

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