L’inflazione ad agosto si attesta all’1,6%, con un impercettibile rallentamento rispetto a luglio. La flessione è trainata, ancora una volta, dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici regolamentati (da +17,1% a +12,9%) e non regolamentati (da -5,2% a -6,3%).
Segnano un aumento, invece, i prezzi dei beni alimentari non lavorati (da +5,1% a +5,6%), nonché, come ogni estate, quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +2,7% a +3,0%) e dei trasporti (da +3,3% a +3,5%). In aumento anche il carrello della spesa, il cui tasso che passa dal 3,2% al 3,4%.
Con l’inflazione a questi livelli, l’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori stima ricadute, per una famiglia media, pari a +504,00 euro annui, di cui +190,40 euro solo nel settore alimentare.
Si tratta di dati particolarmente allarmati, soprattutto quelli relativi al settore alimentare, che, come ha registrato l’Istat appena qualche giorno fa, rispetto al 2019, hanno segnato aumenti di oltre il 30%. Considerando gli stipendi fermi e le crescenti difficolta delle famiglie (specialmente a far fronte ai costi energetici), è evidente che il quadro che ne esce è ben lontano dalla rosea situazione in miglioramento che il Governo vuole raccontarci.
Solo pochi mesi fa la Caritas rilevava come il 23,5% degli italiani si trova in condizioni di povertà pur lavorando. L’Osservatorio Nazionale Federconsumatori, inoltre, ha rilevato tagli e rinunce da parte delle famiglie, con una riduzione del consumo di carne e pesce (-16,9%, con uno spostamento anche verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati); l’incremento della tendenza a ricercare offerte, sconti, acquisti di prodotti prossimi alla scadenza (abitudine adottata dal 51% dei cittadini); l’aumento della spesa presso i discount (+12,1%).
Di fronte a questa è necessario e urgente avviare alcuni provvedimenti che siano realmente in grado di arginare i rincari e sostenere il potere di acquisto delle famiglie, specialmente le più colpite da queste dinamiche, attraverso:
- La rimodulazione dell’Iva sui generi di largo consumo (che consentirebbe un risparmio di oltre 516 euro annui a famiglia);
- La creazione di un Fondo di contrasto alla povertà energetica e una determinata azione di contrasto alla povertà alimentare.
- Lo stanziamento di risorse adeguate per la sanità pubblica e per il diritto allo studio (proprio oggi la Fondazione Gimbe ci ricorda che la spesa sanitaria pubblica in Italia nel 2024 si è attestata al 6,3% del Pil, percentuale inferiore sia alla media Ocse del 7,1%, sia a quella europea del 6,9%);
- Una riforma fiscale equa, davvero tesa a sostenere i bassi redditi e i redditi medi, e non a incrementare le disuguaglianze. In tal senso è necessario restituire a tutti i pensionati e i lavoratori dipendenti quanto pagato più del dovuto a causa del fiscal drag.