In Comunicati, Trasporti e Turismo

Le presunte violazioni del Clear Air Act contestate dall’Epa (l’agenzia per la protezione ambientale americana) a FCA riguardano i modelli Jeep Grand Cherokee e Dodge Ram, equipaggiati con il motore 3.0 diesel dotato, come spiega una nota della casa, di “hardware di controllo delle emissioni all’avanguardia, ivi incluso la tecnologia selective catalytic reduction (Scr)”. Si tratta in totale di 104 mila veicoli prodotti e venduti durante il biennio 2014-2016.

I periti americani, tuttavia, contestano non tanto l’utilizzo dell’hardware quanto quello (truffaldino, a loro dire) del software che lo fa funzionare, accusato di influire sulle emissioni facendole lievitare oltre il consentito. In altre parole, nel mirino ci sarebbe qualcosa di simile a quel “defeat device” (di cui l’azienda italo-americana ha sempre negato e nega l’esistenza) che abbiamo imparato a conoscere con il Dieselgate. Solo che nel caso Vw oltre ai motori diesel 3.0 V6 furono coinvolti anche i 2.0 TDI EA189.

Parlare di defeat device, se le accuse venissero confermate, pone nondimeno di fronte a una questione di metodo, oltre che di tecnica. Ovvero, oltre alla normale programmazione dei software delle (nostre) auto c’è la possibilità di inserirne una seconda? Una sorta di “controprogrammazione” che lavora nell’ombra favorendo chi la utilizza? È indubbio, infatti, che certi risultati in termini di contenimento dell’inquinamento si possano ottenere solo grazie a investimenti ingenti in ricerca e sviluppo. Se si bypassa quella fase si risparmiano soldi e si ottiene un vantaggio competitivo nei confronti degli altri. Ingiustificato e, ancora una volta, truffaldino.

La questione, però, può essere ancora più complessa. Perché quello dell’automotrice è un mondo di vasi comunicanti, dove spesso si condividono know how e componentistica. Per quanto riguarda hardware e software spesso ci si rivolge a grosse aziende che provvedono a rifornire i costruttori per lo più con prodotti simili, se non uguali. Allora il sospetto che quel che fa un ingegnere tedesco lo possa fare anche uno americano, giapponese o italiano, avendo più o meno gli stessi strumenti a disposizione, può venire.

 Quindi un metodo, che potrebbe essere utilizzato un po’ da tutti. Non solo Volkswagen e, se verrà dimostrato, FCA e anche altre case automobilistiche!

Infatti si è aperta anche una indagine su Renault: tre giudici francesi indagheranno sui dispositivi utilizzati da Renault per controllare le emissioni dei suoi motori diesel che si sospetta siano truccati: è quanto riferisce la procura di Parigi. Il fascicolo giudiziario è stato aperto il 12 gennaio scorso. Dopo lo scandalo Volkswagen, una commissione indipendente di esperti aveva constatato l'importante sforamento del limite massimo di emissioni inquinanti su alcuni veicoli diesel venduti in Francia da diversi costruttori, tra cui Renault. 

Certo che in questa situazione di notizie, contro notizie, indagini, sospetti ecc. alla fine chi ci rimette è sempre il cittadino e il nostro mondo che sempre di più è soggetto a livelli di inquinamento che colpiscono ognuno di noi. Non si parla a sufficienza, infatti, di dati che analizzano come si perdano almeno 5 anni di vita vivendo in una città malsana, né del numero dei bambini asmatici che è raddoppiato: 30 mila casi di asma all’anno, 35 mila di bronchite, secondo l'OMS inequivocabilmente determinati dallo smog cittadino. È ora di fare chiarezza e, se delle responsabilità saranno accertate, chi ha speculato sulla salute dei cittadini e sull'ambiente dovrà renderne conto all'intera comunità.

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